14 Maggio 2006: Reggina – Juventus

É il 14 Maggio 2006 Reggina e Juventus si sfidano in questa gara valevole per la dicianovesima (ed ultima) giornata del girone di ritorno del Campionato di Calcio di Serie A 2005-06. Il tutto si svolge allo Stadio San Nicola‘ di Bari (campo neutro).

Buona Visione!

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14 maggio 2006 Stadio S. Nicola Bari

“Eravamo sugli spalti del San Nicola di Bari mio nipote e io, domenica 14 maggio 2006, insieme ad altri 50.000 innamorati della Juventus, convenuti da ogni parte d’Italia, soprattutto dal Sud.
Eravamo tutti lì per testimoniare, con la nostra presenza, l’assoluta fiducia nell’onestà dei nostri giocatori e del nostro allenatore che, da due anni, sono in testa al campionato italiano di Serie A senza soluzione di continuità.
Testimoniavamo anche l’enorme gratitudine verso gli atleti e il tecnico, l’infinito orgoglio di essere juventini e la sconfinata passione verso una squadra della quale ogni persona onesta dovrebbe andare fiera.
La storia ultracentenaria della Juventus è una storia nobilissima, leggendaria, non quella che viene disegnata dai contenuti delle intercettazioni telefoniche che trapelano in questi giorni.
Tutte le vittorie che la Juventus ha conquistato nella sua storia sono frutto solo di qualità tecniche e caratteriali, di lotta e sudore, che le hanno consentito, a volte, di prevalere anche su compagini potenzialmente più forti.
A solo titolo d’esempio basta ricordare il 13° scudetto, vinto il 1° giugno 1967 dalla modesta Juventus di Heriberto Herrera davanti alla miliardaria Inter euro mondiale di Angelo Moratti ed Helenio Herrera.
D’altronde la Juventus è proverbiale anche e soprattutto per le sue doti caratteriali.
Ho visto, dal primo all’ultimo minuto, tutte e 76 le partite dell’ultimo biennio e so che nessuno ci ha regalato nulla, né gli avversari che, contro la Juventus, danno sempre più del 100%, né gli arbitri, che sanno di essere vivisezionati da mezza Italia e da tutte le moviole quando sono chiamati a dirigere i bianconeri.
Con i sentimenti su esposti, evidentemente condivisi, e per le medesime motivazioni appena espresse, eravamo lì, in cinquantamila, sugli spalti del San Nicola di Bari, per sostenere la nostra squadra nell’ultimo impegno stagionale.
Una squadra affaticata, di molto avvicinata in classifica da un grandissimo avversario, il Milan, da tre giornate a distanza utile per sottrarci lo scudetto.
Nella terzultima giornata, per la trasferta di Siena, non era stata sufficiente un’intera settimana di insinuazioni sulla presunta acquiescenza dei toscani, per deconcentrare la squadra che, difatti, era scesa in campo talmente motivata da risolvere la partita in soli 8 minuti. Con buona pace di quei cretini, invero tanti, che hanno continuato a parlare anche dopo, non considerando che una squadra, se vuole favorire l’altra, non si fa segnare 3 gol nei primi 8’ della partita.
Nella penultima giornata avevamo dovuto soffrire fino all’ultimo minuto contro il Palermo, uscendo vittoriosi al termine di una partita difficilissima contro un avversario come sempre giustamente motivato al massimo.
Saremmo riusciti, nell’ultima giornata, nonostante tutto quello che stava succedendo fuori dal campo, a mantenere la concentrazione necessaria per portare a termine felicemente il lavoro di un anno? Mi tornava alla mente un altro 14 maggio, quello infausto del 2000, quando, nella piscina di Perugia, per ragioni di “ordine pubblico” e sotto la direzione del “ministro dell’interno” Collina, ci venne sottratto uno scudetto, a favore di una squadra il cui Presidente era talmente onesto da finire in galera poco tempo dopo.
Avremmo avuto un altro infausto 14 maggio, per ragioni di “ordine pubblico” o per incapacità di mantenere la concentrazione da parte dei nostri giocatori?
Ho cominciato a pensare di no, quando ho visto Gigi Buffon scendere in campo per il riscaldamento.
Evidentemente nemmeno l’interrogatorio in Procura a Torino del giorno precedente doveva avergli tolto tranquillità.
Ho continuato a pensarlo quando ho visto con quale energia, precisione, rabbia, Pavel Nedved scaraventava in rete il pallone nel corso del riscaldamento.
Mi sono rinforzato nel mio convincimento osservando come i giocatori traessero ulteriore forza dalla passione che li circondava. Non ho avuto più alcun dubbio quando la squadra ha cominciato a manovrare sul rettangolo verde, come al solito determinata, padrona del campo.
Il resto è stata una conseguenza. Il trionfo meritato, la gioia legittima, quella delle persone oneste, dei giocatori, del tecnico, degli appassionati e, tra di essi, va incluso, per primo, Roberto Bettega.
Ho visto, scendendo le scale del San Nicola a partita terminata, una persona anziana, handicappata, faticare enormemente in una struttura non a misura di disabili.
Ho pensato che quella persona, al pari dei tanti bambini presenti, di mio nipote Gabriele, adolescente, meritano un mondo migliore, un maggiore rispetto per i loro sentimenti.
Qualsiasi persona onesta sa che la Juventus ha vinto con merito gli ultimi due campionati e quant’altro impreziosisce il suo inimitabile palmares.
D’altronde nemmeno centomila intercettazioni telefoniche unilaterali, al pari dell’indagine sul doping per la quale solo la Juventus fu vivisezionata, dimostrano un nesso diretto tra Luciano Moggi, gli arbitri e le vittorie della Juventus.
Mi viene da ridere a crepapelle quando sento il Signor Silvio Berlusconi dire che il Milan è stato vittima della “cupola” juventina.
Il Milan che, in questi anni, ha visto Franco Carraro, suo ex Presidente, al vertice della Federazione Italiana Gioco Calcio, Adriano Galliani Presidente della Lega Calcio, lo stesso Silvio Berlusconi, notoriamente proprietario della squadra rossonera, uomo più potente della politica italiana, ben sapendo questo cosa significhi.
Il Milan avrebbe o avrebbe avuto dunque meno potere della Juventus?
Per rispondere a questo risibile quesito basterebbe ricordare come nemmeno l’illimitato potere, di cui si favoleggia e che viene attribuito a Luciano Moggi, riuscì a impedire che Zlatan Ibrahimovic venisse squalificato, per 3 giornate, l’anno passato, proprio nel momento cruciale della stagione, quando Juventus e Milan stavano contendendosi, testa a testa, lo scudetto.
La squalifica scaturì dalla prova televisiva ed è noto che Silvio Berlusconi qualche influenza sulle televisioni la ha. Non ci fu alcun modo per ridurre la durata di quella sanzione che, guarda caso, per la sua terza giornata da scontare, impedì a un giocatore determinante per la Juventus di essere in campo nella partita scudetto, Milan–Juventus dell’8 maggio 2005.
Vinta sul campo dai bianconeri, pur privati di uno dei fuoriclasse della squadra.
Qualsiasi persona onesta sa che la Juventus le sue partite le ha sempre vinte, le vince e continuerà a vincerle solo sul rettangolo verde. Sa inoltre che le televisioni e le moviole, tutte, nessuna esclusa, non sono mai state tinte dei colori bianconeri, ma, di volta in volta, di quelli dell’avversario di turno della Juventus.
È sufficiente avere solo un po’ di memoria e soprattutto di buona fede, per rendersi conto che quanto affermo è solo pura verità.
Ho già spiegato, in precedenza, le ragioni, diciamo così “editoriali”, che sottendono questo comportamento.
Noi, 50.000 di Bari e a milioni e milioni in Italia e nel mondo, sappiamo che le vittorie della Juventus non hanno nulla a che fare con le telefonate di Luciano Moggi o con il doping.
Questo è il nostro fermo convincimento, che non può di certo essere scalfito da sentenze di una giustizia che disonora non soltanto lo Sport ma l’intero nostro Paese.
Il 28° e il 29° scudetto rimarranno nei nostri cuori al pari di tutti gli altri, forse anche più di tutti gli altri.
Perché è evidente che, negli ultimi anni, il sentimento di odio, per utilizzare il termine esatto, nei confronti della Juventus è cresciuto in maniera esponenziale in conseguenza dei suoi ripetuti successi e che, a causa di ciò, i nostri giocatori hanno dovuto conquistarli in un clima irrespirabile.
Se la magistratura avesse avuto il tempo e soprattutto la voglia d’indagare, come sarebbe stato doveroso e corretto fare, oltre che sulla farmacia della Juventus e sul telefono di Luciano Moggi, anche su tutte le altre farmacie delle squadre di calcio e sui telefoni degli altri addetti ai lavori del mondo del pallone, avrebbe, con ogni probabilità, scoperto situazioni analoghe a quelle che sono state e vengono contestate alla Società bianconera.
Ma no, i magistrati hanno avuto solo il tempo per mettere il naso nella farmacia della Juventus e per ascoltare i dialoghi più “interessanti” tratti dalle centomila telefonate intercettate di Luciano Moggi, il mostro dei nostri giorni, divenuto il capro espiatorio di un intero sistema.
Beninteso, le situazioni evidenziate da questi magistrati, da eleggere a benefattori dello sport, sono discutibili, al pari di quelle analoghe e, come vedremo, anche più gravi che non sono state portate alla loro attenzione da chi ha condotto indagini selettive, e non piacciono a nessun amante dello sport.
Ma noi che non siamo più purtroppo nè bambini nè adolescenti che cosa potevamo aspettarci da un mondo dove il denaro è divenuto da tempo il sovrano assoluto?
Da adulti sappiamo che, quando sono in gioco interessi economici così grandi, tutti lottano senza esclusione di colpi, tutti cercano di accaparrarsi, se ci riescono, un Luciano Moggi, ovvero un uomo capace di difendere gli interessi della Società per cui lavora.
È bene rammentare a tutti, ancora una volta, che, Moggi “regnante”, la Juventus, oltre a perdere per ragioni di “ordine pubblico” lo scudetto del 2000, vide ridotte in maniera decisiva le sue possibilità di contendere alla Roma il titolo dell’anno successivo, per la decisiva presenza, nello scontro diretto determinante di Torino, di Nakata. Giocatore autorizzato a scendere in campo da un assurdo e mai verificatosi in precedenza cambio di regole a stagione in corso, per non dire appena pochi giorni prima della disputa di quella partita.
Ma si sa, quando i torti è la Juventus a subirli, anche quando sono evidenti e clamorosi, divengono atti di somma giustizia divina, eventi catartici, riparatori.
Come la famigerata pioggia di Perugia, paragonata al diluvio universale, venuto a lavare, per le tante penne dei giornalisti che ci detestano, tutte le nefandezze della Juve del povero, onesto, Carlo Ancelotti.
La Juventus è anche la squadra che, Moggi “regnante”, dovette rinunciare alla Champions League del 1997, anche a causa di uno scandaloso arbitraggio nella finale contro il Borussia Dortmund a Monaco di Baviera, e a quella del 1998, vinta dal notoriamente vessato Real Madrid, con un gol realizzato con ben tre uomini in fuorigioco.
Ma si sa, scriveranno le tante penne dei giornalisti che godono per le sconfitte della squadra bianconera e che anche nelle su citate occasioni non diedero alcun risalto a veri e propri furti sportivi, la Juventus in Europa vince meno, perché non è protetta come in Italia.
Attendiamo quindi con molta fiducia le decisioni della giustizia sportiva, certi che la presenza di un altro milanista, Demetrio Albertini, tra i sub commissari nominati dalla Federcalcio, porterà un sicuro contributo di serena equanimità.
Avremmo sinceramente preferito che, oltre ad Albertini, tra i sub commissari fosse nominato il genio della panchina, alias Zeman, o Giorgio Martino, stimato Direttore di Roma Channel, o, perché no, il noto regista Franco Zeffirelli o magari, se libero dagli impegni delle indagini in corso, anche part time, il benemerito giudice Guariniello. Ci saremmo sentiti maggiormente tutelati!
Ma tant’è!
Decidano pure ciò che vogliono questi signori.
È più che evidente che ci troviamo di fronte a un processo mediatico, con sentenze già scritte. Juventus in Serie B o C o radiazione da tutti i campionati da qui all’eternità, così potranno vincere anche l’Inter e Mancini.
Così vogliono tutti i mezzi d’informazione, così vuole mezza Italia, quella che ha raggiunto livelli di rabbia oramai intollerabili, dopo il 4° scudetto in 5 anni vinto dalla Juventus.
Noi tifosi juventini siamo e continueremo a essere orgogliosi dei nostri scudetti e conteggeremo il prossimo come il 30°, quello della terza stella, com’è giusto che sia.
Comprendiamo le esigenze di “ordine pubblico” e anche quelle connesse allo stato di salute psicofisica di mezzo Paese.
Comprendiamo che, per questi nobili motivi, sulla base d’indagini niente affatto persecutorie e soprattutto a 360°, tutti bianconeri, ci possano revocare un paio di scudetti e magari retrocedere in non si sa quale Serie.
Non si preoccupino, lor signori, ritorneremo in Serie A e festeggeremo comunque il prossimo scudetto come quello della terza stella.
Esiste infatti una giustizia sportiva, una giustizia indotta dai media e dalle piazze, ed esiste una vera Giustizia.
Noi tifosi juventini, al pari di tutti gli altri appassionati, auspichiamo naturalmente un calcio migliore dal punto di vista morale e, al proposito, ricordiamo che il giocattolo si ruppe quando, nel corso degli anni 80, entrò nel mondo del pallone Silvio Berlusconi, il quale, per chiarire subito quali fossero le nuove regole del gioco, sottrasse alla Juventus, dal fedele vivaio atalantino, un fuoriclasse come Roberto Donadoni, pagandolo semplicemente il doppio di quello che era stato offerto dalla Juventus.
L’ingresso di Silvio Berlusconi nel calcio, per chi è a corto di memoria, rese via via anacronistica la figura di Giampiero Boniperti, uscito non a caso, pochi anni dopo, da quel mondo.
Le nuove regole “etiche”, quelle della forza del denaro, imposte da Berlusconi, rendevano infatti improponibili i valori, l’onestà, la cocciutaggine dell’uomo che, più di ogni altro, come giocatore prima e come dirigente poi, ha rappresentato la Storia della Juventus.
Di un uomo che non riempiva di zeri gli assegni, ma faceva anche firmare i contratti in bianco ai suoi campioni, tirando fuori magari da sotto al tavolino, per risparmiare, un ritaglio di giornale conservato per ricordar loro come avessero indecorosamente perduto, a favore del Torino, nella primavera del 1976, uno scudetto già vinto.
Oggi di uomini come Giampiero Boniperti non ne circolano più e mi sono commosso nel vederlo ricomparire al “Delle Alpi”, per assistere a qualche partita della squadra amatissima, allenata da uno dei suoi ragazzi dei primi anni 70, Fabio Capello.
Il calcio cui dobbiamo oggi assistere non è più purtroppo quello dei gentiluomini, di Boniperti, Fraizzoli, Viola, Rozzi e di tanti altri.
Non serve fare i nomi di oggi, perché sono sotto gli occhi di tutti quelli che abbiano voglia di vedere. Non c’è solo Luciano Moggi, il più intercettato della storia, capro espiatorio di tutto un sistema, voglio ripeterlo per chi non l’abbia ancora capito o faccia finta di non capirlo.
Tornando da Bari, mio nipote e io, non eravamo stanchi per i 900 Km percorsi in una giornata. Ci sentivamo invece felici e orgogliosi di essere juventini, perché conti- nuiamo a credere che le vittorie si conquistino solo sul rettangolo verde e manteniamo nella mente e nel cuore un vecchio motto, che campeggiava sulla rivista Hurrà Juventus dell’inizio del secolo scorso.
La vittoria è del forte che ha fede.

[tratto da ” LA JUVE È UN SENTIMENTO. Prima parte del viaggio.” Pgg. 419-427. Autore Michele Gigantino. Ed. Amazon]

Stagione 2005-2006 – Campionato di Serie A – 19 ritorno
Bari – Stadio San Nicola
domenica 14 maggio 2006 ore 15:00 
REGGINA-JUVENTUS 0-2
MARCATORI
: Trezeguet 23, Del Piero 90+1

REGGINA: Pelizzoli, Cannarsa, Giosa (Missiroli 74), Lanzaro, Biondini, Castiglia, Tedesco, Vigiani (Carobbio 23), Modesto, Cozza, Amoruso N. (Bianchi 64)
A disposizione: Saviano, Ungaro, Ceravolo, Maccari
Allenatore: Walter Mazzarri

JUVENTUS (4-4-2): Buffon (Abbiati 87), Balzaretti, Kovac, Cannavaro, Zambrotta, Camoranesi, Emerson, Giannichedda, Nedved, Ibrahimovic, Trezeguet (Del Piero 72)
A disposizione: Thuram, Zebina, Blasi, Mutu, Olivera
Allenatore: Fabio Capello

ARBITRO: Banti
AMMONIZIONI: Camoranesi 43, Cannavaro 82 (Juventus); Cannarsa, Tedesco 45, Cozza 70 (Reggina) 


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