É il 14 Settembre 2005 e Bruges e Juventus si sfidano nella Prima Giornata dei Gruppi Eliminatori della UEFA Champions League 2005-06 allo ‘Jan Breydel Stadion’ di Bruges (Belgio).
La Juve allenata in panchina da Fabio Capello si appresta a vincere il suo ventinovesimo Scudetto. Putroppo l’invidia regala grandi amarezze e disincanti e quella grande squadra dal futuro ancora piú grande verrá spazzata via dalla piú grande farsa del calcio moderno.
Per quanto riguarda la Champions League i bianconeri sono fra i favoriti alla vittoria finale ma dopo aver superato senza problemi la fase iniziale saranno eliminati dagli inglesi dell’ Arsenal nei Quarti di Finale.
Buona Visione!
Juve show, Trezeguet fa 100
CAMPIONI D’ITALIA STRARIPANTI.
NEDVED FIRMA IL VANTAGGIO, UNICA NOTA STONATA L’ESPULSIONE DI VIEIRA NEL FINALE
Doppia festa per il francese: gol-sicurezza e cifra tonda in bianconeroDal nostro inviato a BRUGES
Cosa pensare della Juve dopo averla vista vincere a Bruges la prima partita della Champions League? L’opinione più benevola è che in certi momenti anche una grandissima squadra, come si era dimostrata fino a dieci minuti dalla fine, tanto padrona da pensare che quest’anno può farcela in Europa, ha un regresso infantile. La più negativa è che qualcuno tra i bianconeri ha perso il senso della misura e gioca a fare il fenomeno persino quando potrebbe e dovrebbe attenersi al concreto: Ibrahimovic, sontuoso, divertente, ironico per quasi tutto il match finché non ha deciso di esagerare, ne è un esempio ma se ne possono trovare altri.
Così un incontro dominato come domenica ad Empoli e con almeno dieci palle gol nitide si è chiuso con un 2-1 a rischio di pareggio nei minuti finali, dopo la rete di Yulu, quando i belgi hanno messo l’anima nella ricerca del pareggio impossibile. La Juve si è difesa con un uomo in meno per l’espulsione di Vieira, che deve darsi una regolata nelle entrate a centrocampo, altrimenti di partite ne finirà poche in Champions. I suoi precedenti nell’Arsenal purtroppo non confortano. Peccato perché la Juve è da applausi, di quelli sinceri. Da molti anni non la vedevamo giocare all’estero con la scioltezza e l’abilità nel fraseggio dimostrate contro il Bruges. Azioni ariose, ben congegnate. Partivano dal centro e si concludevano con i cross dalle fasce di Ibra, Camoranesi, Nedved o Blasi (impiegato da terzino) come insegnano i manuali. Ibrahimovic ci metteva la sua vena di follia ed era spettacolo. Trezeguet martellava la porta per trovare il centesimo gol in bianconero e lo coglieva finalmente alla mezz’ora della ripresa consegnando in mondovisione l’immagine di Monetta, il magazziniere, con la t-shirt dipinta con il 100: diceva Andy Warhol che chiunque ha diritto a un quarto d’ora di celebrità, Monetta ne ha già goduto per alcuni secondi.
Per luoghi tratti il Bruges, modesto parente della squadra che trent’anni fa diceva la sua in Europa si incartava su se stesso, consegnando alla Juve il pallone o sbatacchiandolo fuori. La differenza di qualità si palpava. L’unico neo era il gol, che non arrivava per un’ora. Capita a tutti di giocare, prima o poi, la partita della vita. Miller, l’attaccante della Scozia, dieci giorni fa fece ammattire Nesta e Cannavaro a Glasgow e non lo conosceva nessuno. Di Stijnen, il portiere dei belgi, si sapeva ancora meno. Unici indizi conosciuti: riserva del poco infallibile croato Butina; l’anno scorso giocò solo tre partite nel Bruges; suo padre, poco lucido per i festeggiamenti a base di Leffe, davanti all’ufficiale dell’ anagrafe non trovò altro nome che la ripetizione accorciata del cognome, per cui ne è uscì sul registro un improbabile Stijn Stijnen. Quest’uomo ieri ha evitato da solo per tutto il primo tempo che la diga dei belgi si sbiciolasse, come il leggendario ragazzino che, non lontano da qui, salvò il paese dall’inondazione otturando con il dito la falla in un argine.
Gli attaccanti della Juve un po’ l’hanno aiutato come quando al 10′, Trezeguet gli si è smarcato davanti sfruttando il tocco scellerato di un difensore e gli ha tirato addosso. In un’altra occasione, al 36′, si è frapposto l’incrocio dei pali a respingere la botta del centravanti francese. Ma lo Stijnstijnen se l’è cavata spesso di suo, con uno stile naif ed efficace. Ha salvato su Nedved servito da Ibrahimovic al 9′, su un destraccio di Zambrotta al 10′, su un paio di conclusioni di Vieira e ancora sulla deviazione di testa (45′) di Trezeguet, cui non sembrava vero di arrivare tanto vicino al centesimo gol per venirne respinto da quell’accidente. In questi casi si parla di porta stregata. L’incantesimo lo spezzava il mago Nedved al 21′ della ripresa e dopo tanto mulinare di azioni era una botta da fermo, su punizione per atterramento di Ibrahmovic, a schiudere la porta. La Juve aveva altre occasioni, lo Stijnstijnen fermava di piedi e di mani, in un caso lo salvava il palo colpito da Ibrahimovic nel tentativo di strafare dopo aver messo a terra il portiere. Nel frattempo, Trezeguet aveva raddoppiato con un pallonetto sublime a concretizzare il tocco smarcante di Camoranesi. Poi il finale. La rete di testa di Yulu Matondo, un personaggio da Garda Marquez, puniva il sempre incerto Abbiati e sporcava il risultato e le coscienze.
Marco Ansaldo
tratto da: La Stampa 15 Settembre 2005