É il 16 Ottobre 1988 e Juventus e Cesena si sfidano nella Seconda Giornata del Girone di Andata del Campionato di Calcio di Serie A 1988-89 allo Stadio ‘Comunale‘ di Torino.
É ancora una Juventus in pieno alto mare in questa stagione. Dopo l’abbandono di Michel Platini, la squadra (affidata a Rino Marchesi) non riesce a trovare la solita quadratura. Alla fine di questo campionato i bianconeri si piazzeranno in sesta posizione e dopo un emozionante spareggio contro il Torino acciufferanno il piazzamento UEFA per i capelli. Dall’altra parte c’é un Cesena che termina il campionato in un sodisfaciente (e tranquillo) nono posto.
Buona Visione!
Stagione 1988-1989 – Campionato di Serie A – 2 andata
Torino – Stadio Comunale
Domenica 16 ottobre 1988 ore 14.30
JUVENTUS-CESENA 2-2
MARCATORI: Zavarov 27, Domini 35, De Agostini rigore 41, Cuttone 81
JUVENTUS: Tacconi, Bruno, De Agostini, Galia, Brio, Tricella, Marocchi, Rui Barros, Altobelli, Zavarov, Laudrup
Allenatore: Dino Zoff
CESENA: Rossi S., Cuttone, Limido (Traini 79), Bordin, Calcaterra, Jozic, Agostini (Flamigni 90), Leoni, Piraccini, Domini, Holmqvist
Allenatore: Albertino Bigon
ARBITRO: Longhi
«Mezzo Zavarov, non sono contento»
TORINO —
Zavarov ha indicato ieri due Zavarov, per il suo esordio torinese in campionato: quello bello del primo tempo, con un gol, quello brutto del secondo tempo, con la sparizione dal gioco.
«Ho giocato forte metà partita, non mi sono piaciuto nell’altra metà»,
ha detto con la voce di Tatiana l’interprete. Poi, invitato a emettere qualche sillaba in italiano, di fronte alla domanda se si sente deluso dalla partita della Juventus con Zavarov, del pareggio con il Cesena, ha detto «si», proprio «si» e non «da». Quindi si è cimentato in un «io avrei voluto…’ e si è fermato li, di nuovo l’interprete e lui che, mentre lei parlava, la guardava come un ventriloquo guarda il suo pupazzo..
Ieri ci siamo sentiti, osservando durante il match Zavarov secondo per secondo, nella parte dei bird-watchers inglesi (o dei «nostrani» della Lipu), quei magnifici matti che spiano gli uccelli e che sono provvisti, oltre che di binocoli, di alcuni dati per la migliore interpretazione dei voli, ma che al tempo stesso sono zavorrati di un bel po’ di mistero, il gusto vero del loro lavoro. Grosso modo potremmo essere d’accordo con Zavarov nei giudizi su Zavarov, non fosse che lui ci è parso somlonissimo, gattonissimo, legittimamente bugiardello. Siccome ad esemplo ci ha detto di non avere sofferto il caldo, come possiamo credere a tutto il resto, visto che faceva un caldo boia e che testimoni oculari ci hanno raccontato di lui accasciato e preccupato nell’intervallo, mentre era in corso la sua trasformazione da bipede implume a pozza di sudore li sul pavimento dello spogliatoio?
E quando gli abbiamo fatto notare, sulla scorta peraltro di precise parole di Yuri Viboraov, giornalista sovietico da cinque anni in Italia per la sua televisione e ieri a Torino per filmare il calciatore, che lui deve essere stanco, perché finito un campionato ne ha subito cominciato un altro, ha detto che si, è stanco, ma che non deve riposare né allenarsi di meno, perché la forma si tiene faticando. Poi non ha parlato male dei difensori avversari, non ha parlato male dell’arbitro
“un essere umano che ha fatto il suo dovere e che comunque ha il diritto di sbagliare”
e qualcosa poteva pure dire su Leoni e Domini e Lorighi. Indecifrabile, misterioso, affascinante. Fosse una donna, sarebbero tutti aggettivi positivi. Trattandosi di un calciatore, ci sia permessa qualche riserva.
Ieri lo avremmo voluto più polemico, magari, criticando se del caso se stesso, ma intanto allargando il discorso critico alla squadra sua ed a quella avversaria. E invece la delusione, quella detta con il «si» in italiano a precisa domanda,
«nasce dalle occasioni che abbiamo buttato via, dalle cose bellissime che abbiamo fatto senza però arrivare al gol”.
Forte anche il sospetto che la interprete sappia troppo bene l’italiano, e ci offra il giocatore convenzionalmente. Quando lui ha cominciato a dire:
“Scusa, io domani arriva Kiev…”,
lei ha raccolto il passaggio ed ha detto: – Sacha vuole dirvi che domani lui parte per Kiev, dunque adesso deve andare a casa a riposare in vista del duro impegno che lo attende con la Nazionale del suo Paese-.
E lui topogigiescamente a fare cenno di sì con la testa ad una lunga frase italiana che teoricamente non avrebbe dovuto capire. E infatti non la capiva, ma sapeva che c’era chi per lui stava recitando il congedo concordato. Ha detto Vibornov:
“Dategli qualche mese di tempo, imparerà la lingua e non dovrà più avere paura dei giornalisti italiani”.
Ha detto anche:
“Dategli un’altra Juventus, e vedrete che giocatore è. Mi pare che ora come ora la squadra stenti a riconoscergli la leadership, che non tutti vogliano Sacha ai centro del gioco: eppure è lì che lui deve stare».
Non abbiamo fatto in tempo a proporre a Zavarov—che secondo noi è un grosso giocatore da nostro campionato, sia ben chiaro — questo concetto. C’è stato detto domani arriva…, che voleva soprattutto dire che dovevamo partire noi.
GIAN P. ORMEZZANO
tratto da: La Stampa 17 Ottobre 1988