Siamo agl’inizii degli anni 90. Il calcio italiano é considerato ancora come il campionato di punta del mondo pallonaro. Tutti i campioni piú rinomati si sfidano sul palcoscenico dello stivale.
Intanto siamo al 17 Marzo 1993 e Juventus e Benfica si sfidano nella gara di ritorno dei Quarti di Finale della Coppa UEFA 1992-93 allo Stadio ‘delle Alpi’ di Torino.
La Juventus cerca di fermare l’egemonia del Milan che da un paio d’anni o piú ammazza il campionato in Italia senza scampo. Sará un impresa quasi impossibile in campionato, ma tant’è che con questo Roberto Baggio (capitano e uomo simbolo della squadra in Italia e nel mondo) tutto é possibile! Intanto in europa la squadra gira a mille e conquista la terza Coppa UEFA della storia bianconera.
Buona Visione!
Stagione 1992-1993 – Coppa UEFA – Quarti, ritorno
Torino – Stadio Delle Alpi
Mercoledì 17 marzo 1993 ore 17:45
JUVENTUS-BENFICA 3-0
MARCATORI: Kohler 2, Baggio D. 45+4, Ravanelli 68
JUVENTUS: Peruzzi, Carrera M., Torricelli, Baggio D., Kohler, Julio Cesar, Moeller (Ravanelli 65), Conte A., Vialli, Baggio R. (Galia 53), Marocchi
Allenatore: Giovanni Trapattoni
BENFICA: Silvino (Neno 5), Veloso, Helder, Mozer, Paulo Madeira (Rui Aguas 46), Paulo Sousa, Vitor Paneira, Schwarz, Joao Pinto, Juran, Rui Costa
Allenatore: Toni
ARBITRO: Mikkelsen (Danimarca)
Dopo tanti giorni tormentati la squadra bianconera entra a vele spiegate nelle semifinali di Coppa Uefa
La Juventus dà tre calci alla crisi
Panzer Kohler apre la strada, ilBenfica va koTORINO. Chi ha recuperato i calzini, lerci, che Kohler ha lanciato in curva al termine di uno strip-tease durato tutto un giro di campo, li tenga cari: sono la testimonianza di una serata che sgrava la Juve dalla necessità di subire un altro, forse definitivo, processo. Il 3-0 sul Benfica infatti è un unguento formidabile sparso sulle ustioni recenti della Signora: le rinfrescherà la pelle e le addolcirà il cuore, oltre a permetterle di tirare avanti in Coppa Uefa, come si temeva che non fosse possibile dopo il 2-1 e la grave inferiorità dimostrata nella prima partita, a Lisbona.
La bufera si è allontanata. Non ci saranno dimissioni. Ci si potrà sedere al tavolo con più calma e più lucidità, senza farsi travolgere dalle amarezze del momento. Il Trap, nel giorno del suo 54° compleanno, ha ottenuto quello che voleva. Non chiedeva soltanto una vittoria, ma un certo tipo di vittoria che la Juve ha saputo costruire nel secondo tempo quando ha superato il Benfica nel gioco, mentre per i primi 45′ gli era stato superiore soltanto nei gol e nella fortuna. Ammettiamolo, le cose sono girate subito bene. Il gol di Kohler, dopo 2′, ha spento la miccia più pericolosa: cioè che i bianconeri non trovassero la strada per arrivare in porta contro avversari inafferrabili. La Signora avrebbe perso la tranquillità. Come l’avrebbe presa la sua gente, tante anime arrivate soprattutto da fuori? Male probabilmente. Il pericolo si è dissolto alla prima azione: angolo di Moeller, un’uscita a farfalle di Silvino, tocco infelice di Helder per Kohler, solo in mezzo all’area per un tiro che non si poteva sbagliare. Anche perché il portiere, scontratosi in volo con Dino Baggio, era nel frattempo a terra con il naso rotto. Su questo episodio i portoghesi hanno protestato. Mikkelsen, talento giovane tra i fischietti europei, ha riflettuto un attimo e ha convalidato il gol, giudicando fortuito l’impatto. Silvino è uscito in barella.
E il dubbio di aver sbagliato ha pesato sulla serenità dell’arbitro danese: ha sorvolato in avvio sul gioco intimidatorio di qualche juventino (Kohler soprattutto), ha distribuito ammonizioni discutibili, nel finale ha fermato un paio di volte il contropiede bianconero benché tutto sembrasse regolare. La Juve, partita con il piede giusto, si è tagliata subito le unghie. Per arrivare alla seconda azione, che è stata anche quella del raddoppio, abbiamo dovuto attendere il finale del primo tempo, con un altro calcio d’angolo di Moeller che Dino Baggio ha sbattuto in porta presentandosi alla deviazione nel pieno del bunker portoghese. Un fortilizio di palta cremosa, con Mozer ed Helder a fare danni. Per una volta la Signora si è avvantaggiata della fragilità altrui, di solito sono i suoi avversari ad approfittare della sua. Tra i due gol, abbiamo assistito al trionfo del nulla. Il Benfica ha cercato con insistenza il pareggio, alla sua maniera impotente. Taglia e cuci, cuci e taglia. La Juve era in inferiorità a cen¬ trocampo benché il Trap avesse rinunciato all’idea di schierare Ravanelli pur di ispessire la zona nevralgica con Marocchi. C’era sempre un portoghese libero, Veloso a destra, oppure Rui Costa, un ragazzino intraprendente, a sinistra. Non si capiva come fosse possibile. Che il Benfica avesse un uomo in più? No, è che la Juve giocando a uomo, sguarniva fette di campo e aveva pure un paio di talenti in meno, Moeller e anche il Roberto Baggio, restii a scalare in copertura.
Così Conte, Marocchi e l’altro Baggio, già preoccupati di proprio, ballavano come barchette in acque mosse. La fortuna della Juve era che tra i portoghesi e il tiro in porta c’è la stessa incompatibilità che tra il gatto e l’acqua. Soltanto Schwarz, che è svedese, provava al 15′ una conclusione bloccata da Perazzi. La Signora però era anche brava in questo lavoro di contenimento. Kohler cancellava l’ucraino Yuran, Julio Cesar capiva la delicatezza del momento e teneva me- no del solito la palla tra i piedi, chiudendo i varchi con attenzione. Non c’era ombra di gioco bianconero, ma pazienza, anche perché nella ripresa si vedeva di meglio. Uscivano, per infortunio, gli unici due a non essere entrati in partita, cioè il Divin Codino e poi Moeller, stirato mentre tentava uno scatto. Entravano Galia e Ravanelli. E cresceva la squadra. Vialli diventava incontenibile, dall’altra parte mollavano tutti, tranne Sousa, il migliore. Ravanelli sprecava di testa un assist magnifico del Gianlucaccio al 67′, un minuto dopo però regalava la certezza della qualificazione con un fendente basso dopo un’intelligente incursione di Galia. Si finiva con il dominio juventino, altre occasioni e un solo scontento: Vialli. Infilava il tunnel come se gli avessero pestato un callo e non fosse tornata un po’ di luce nel futuro immediato della Juve.
Marco Ansaldo
tratto da: La Stampa 18 marzo 1993