18 Settembre 1994: Napoli-Juventus

É il 18 Settembre 1994 e NapoliJuventus si sfidano nella Terza Giornata del Campionato di Calcio di Serie A 1994-95  allo Stadio ‘San Paolo’ di Napoli.

La Juventus dopo anni di magra si appresta a vincere il suo ventitreesimo scudetto con il nuovo allenatore Marcello Lippi. Il Napoli dal canto suo disputa un campionato dignitoso, benché fuori dalla zona europea.

Buona Visione!


napoli

Stagione 1994-1995 – Campionato di Serie A – 3 andata
Napoli – Stadio San Paolo
Domenica 18 settembre 1994 ore 20.30
NAPOLI-JUVENTUS 0-2
MARCATORI: Ravanelli 32, Del Piero 72

NAPOLI: Taglialatela, Matrecano, Policano, Pari, Cannavaro F., Grossi, Buso, Pecchia, Agostini, Carbone B., Rincon
Allenatore: Vincenzo Guerini

JUVENTUS: Peruzzi, Ferrara C., Jarni (Porrini 68), Torricelli, Kohler, Tacchinardi, Di Livio (Orlando A. 81), Conte A., Vialli, Del Piero, Ravanelli
Allenatore: Marcello Lippi

ARBITRO: Pierluigi Collina



Ravanelli e l’invenzione dal limite del bianconero regalano alla Juve la vittoria a Napoli 
Del Piero, un’altra serata alla Baggio 
Funziona il tridente voluto da Lippi 
Fischi per gli azzurri a fine partita 

NAPOLI DAL NOSTRO INVIATO Arriva da Napoli (e nelle case con la pay-tv) il primo messaggio confortante della nuova Juve. Due a zero a Napoli, una classifica che si rianima, come pensiamo il morale: e in più la conferma che il dopo Baggio é cominciato con Del Piero, il Senza Codin Divino. Il suo gol al 27′ del secondo tempo ha sconquassato ogni ambizione partenopea, ha ammutolito uno stadio che vedeva crescere la speranza di un pari possibile, con i Lippanti che rinculavano di fronte alla pressioncina del leggero attacco napoletano. In una parola Del Piero ha chiuso la partita alla maniera di Baggio, dopo una partita che fino a quel momento aveva ricordato il Codino d’avvio Mondiale: il colpo risolutore dal limite dell’area è stato geniale e freddo come il bisturi, la traiettoria è partita nitida dall’interno del piede destro e si è spenta dove non poteva arrivare Taglialatela. Un’altra prodezza a cinque giorni da Sofia a legittimare un successo senza ombre, anzi persino liofilizzato dagli sprechi offensivi nel finale. 

La Napoli dei buoni sentimenti ha sofferto di contro la visione di una squadra che di anno in anno perde valore, come un cattivo investimento in Borsa, e non si ò ancora capito se e con chi potrà riprendere a crescere. Con i nuovi-vecchi padroni? Mah. I fischi finali dimostrano quanto nessuno ci creda. Gli striscioni e i pianti per Ferrara, gli applausi a Lippi sono stati il tributo a un’illusione accesa e venduta in grande fretta. La Juve ha cominciato senza timori né emozioni. Lippi ha rispolverato il tridente, dopo averlo abbandonato a Sofia. Ha capito evidentemente che l’equilibrio bianconero non è detcrminato dalla punta in più o in meno, finché non tornerà Baggio: é impensabile che il Codino si adatti ad arretrare con la ruvida sostanza di Ravanelli o la costanza scolastica di Del Piero. Allora sì che le tre punte diventeranno forse un lusso. 

In difesa marcature rigide: Kohler-Agostini e Ferrara-Carbone, sull’altra sponda Cannavaro-Vialli, Matrecano-Ravanelli e Pari-Dei Piero. Sulle fasce Policano-Di Livio e Jarni-Buso, riciclato nel ruolo di mediano esterno e forse per questo migliore di quanto lo ricordassimo come punta. In mezzo al campo Conte e Tacchinardi a vedersela con Pecchia e Rincon, che definiremmo il cugino bolso di Asprilla, perché gli somiglia nella struttura e nella corsa, mai nella capacità di esseare pericoloso. Il pubblico napoletano ne ha fischiato a lungo la vacuità, ormai giocano sul suo cognome che si presta (con poca fantasia) all’accostamento con lo stato psichico di chi, di solito, è già molto avanti negli anni. E pensare che nel secondo tempo, quando il colombiano si è spostato all’ala destra e si è rassegnato al fatto che la vita non è un dribbling senza fine, un paio di suoi affondi pericolosi hanno costretto la Juve a salvarsi in affanno. 

Un suo tiro, al 20′, è filato a mezzo metro dal palo. E se fosse Guerini a sbagliare non im¬ piegandolo in attacco? Nel primo tempo invece il Napoli ha partorito l’inezia di una palla gol al 28′, con colpo di testa di Matrecano che ha sorpreso tutti su angolo di Carbone, determinato da una gravissima confidenza di Peruzzi, indeciso nel liberarsi di piede del pallone sull’attacco di Rincon. E la Juve? Sarà stato il fresco della sera o la magia partenopea che l’ispira da quattro anni (cioè dal 5-1 subito in Supercoppa con Maifredi) ma la Signora ha giocato un match convincente. Buona organizzazione di gioco, difesa attenta con Ferrara capace di anticipare Carbone senza falciarlo a terra, come gli era accaduto spesso con altri avversari. Insomma una signorina a modo, solo poco fluida al momento di arrivare al gol, anche perché Jarni spinge poco a sinistra, mentre Di Livio lo vorrebbe fare ma subisce due handicap: il primo di esser costretto dallo schema lippiano a percorrere 80 m per arrivare al cross, il secondo di non avere la qualità sufficiente per saltare l’avversario che lo chiude. Tutto dunque si è riversato sulla spalle del tridente. 

Dopo un avvio incoraggiante (tiro di Tacchinardi al 13′ e Ravanelli ha calciato alto la respinta da buona posizione), la solita flessione, poi la risalita con il gol. Al 32′ per un fallo di Pecchia (forse un tocco di mano, l’intervento del napoletano ci era parso regolare) Del Piero ha calciato la punizione in mezzo all’area. Ravanelli è saltato tra Agostini, Matrecano e Tagliartela, completamente fuori tempo. Tocco di testa e gol. Nella ripresa gli spazi più ampi offerti dal Napoli hanno favorito il contropiede finché la soluzione Del Piero non ha calato il sipario. 

Marco Ansaldo

tratto da: La Stampa 19 Settembre 1994



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