É il 2 Maggio 1982 ed Udinese e Juventus si sfidano nella tredicesima giornata del girone di ritorno del Campionato di Calcio di Serie A 1981-82 allo Stadio ‘Friuli’ di Udine.
É il ritorno in campo di Paolo Rossi, che dopo la squalifica di due anni scende di nuovo in campo col botto. Tra meno di due mesi sará l’uomo piú famoso del mondo.
A fine campionato la Juventus conqusiterá la sua Seconda Stella da appuntare sul petto. Dopo un lunghissimo testa a testa con la Fiorentina allenata da Giancarlo DeSisti, la spunta all’ultima giornata grazie ad una vittoria esterna a Catanzaro con un rigore del partente Liam Brady. Dall’altra parte c’é l’ Udinese allenata da Enzo Ferrari che ottiene una difficile salvezza all’ultima giornata.
Buona Visione!
Campionato di Serie A 1981-1982 – 13 ritorno
Udine – Stadio Friuli
Domenica 2 maggio 1982 ore 16.00
UDINESE-JUVENTUS 1-5
MARCATORI: Miano 2, Marocchino 30, Cabrini 36, Rossi P. 49, Cabrini 85, Virdis 90
UDINESE: Borin, Galparoli, Tesser, Gerolin (Pin L. 65), Cattaneo, Orlando, Causio, Bacchin, Miano (De Giorgis 59), Orazi, Muraro
Allenatore : Enzo Ferrari
JUVENTUS: Zoff, Osti, Cabrini, Furino (Tavola 85), Brio, Scirea, Marocchino, Tardelli, Rossi P. (Bonini 70), Brady, Virdis
Allenatore : Giovanni Trapattoni
ARBITRO: D’Elia
Il luogo: Udine. La data: 2 maggio 1982. Quel lontano giorno, in uno stadio Friuli da festa grande come soltanto la provincia sa fare nelle grandi occasioni, Paolo Rossi tornò ufficialmente in campo dopo due anni di assenza per la squalifica del “Calcioscommesse” e, nel giro di un quarto d’ora (giusto il tempo di scrollarsi di dosso il magone del suo nome scandito dall’altoparlante, assaporare ad occhi chiusi la dolcezza degli applausi subito mitigata dalla marcatura di Galparoli e mettere a fil di palo un traversone di Scirea) seppe esorcizzare tutti i suoi fantasmi.
Quelli, per intenderci, che gli tennero costantemente compagnia dal 18 maggio 1980, quando la Commissione Disciplinare lo incolpò di aver alterato il risultato di Avellino-Perugia e le sue due reti — lui che proprio nella fiammata di un gol identificava il perno della sua realizzazione di uomo — si trasformarono in spietate accusatrici e come un assurdo boomerang gli procurarono tre anni di squalifica, poi ridotti a due in appello.
Ecco, da allora Paolo Rossi uscì in punta di piedi e a testa china dalla bella favola iniziata ai Mondiali argentini del 1978 quando per tutto il mondo divenne «Pablito» ed entrò invece in una dimensione inquietante che lui stesso, ragazzo di provincia trasformatosi soltanto superficialmente in metropolitano, visse malamente come un’odissea in cui la speranza di una riabilitazione spesso promessa ma mai concessa si stemperava inevitabilmente nella delusione (niente amichevoli né partite di beneficenza, niente di niente insomma) eppoi la delusione scadeva nella rabbia di sentirsi un emarginato. O peggio ancora, quasi un clandestino di se stesso.
tratto da Maggio 1982: Il ritorno di Pablito