È il 24 Novembre 1974 e Juventus e Roma si sfidano nella Settima Giornata del Girone di Andata del Campionato Italiano di Calcio di Serie A 1974-75 allo Stadio ‘Comunale’ di Torino.
La Juve è guidata in panchina da Carlo Parola e si appresta a vincere il suo sedicesimo scudetto. Dall’altre parte c’è la Roma guidata in panchina da Nils Liedholm, che dopo un buon campionato chiude al terzo posto, quattro punti dietro la Vecchia Signora – Campione d’Italia.
Buona Visione!
Campionato di Serie A 1974-1975 – 7 andata
Torino – Stadio Comunale
Domenica 24 Novembre 1974
JUVENTUS-ROMA 1-0
MARCATORI: Damiani rigore 56
JUVENTUS: Zoff, Gentile, Cuccureddu, Furino, Morini, Scirea, Damiani, Causio, Anastasi (Altafini 46), Viola F., Bettega
Allenatore: Carlo Parola
ROMA: Conti P., Peccenni, Rocca, Negrisolo, Santarini, Batistoni, Di Bartolomei, Morini (Liguori 87), Prati, De Sisti, Orazi
Allenatore: Nils Liedholm
ARBITRO: Trinchieri
Tutto da dimenticare (arbitro compreso) in Juventus-Roma
Partita a anti-calcio, gol di rigore
Solita “ragnatela” dei giallorossi a centrocampo, tanti errori dei giocatori (tutti) e del direttore di gara –
Ignorati due netti falli in area su Bettega, poi il “penalty” al 58′ e Damiani segnaA volte il calcia fa involontaria propaganda agli altri sport. Si prenda ad esempio questo Juventus-Roma, giocato all’insegna dell’anti-calclio, novanta minuti pieni di noia e di errori con l’aggiunta di qualche parentesi farsesca. Sbagliano in tanti, si salva solo qualcuno, non si diverte nessuno se non per certi dettagli davvero ridicoli che non dovrebbero trovar posto in una partita « vera ».
Dettagli che riguardano l’arbitro e I due segnalinee, personaggi tutti da moviola — con loro, se si comportano sempre cosi, la televisione consumerebbe ogni volta chilometri di pellicola — nonché i giocatori, capaci di creare Interesse negli spettatori soltanto al negativo, cioè sbagliando più che costruendo. Come al novantesimo, ultima azione della partita: scatta Damiani, pallone al piede e metà campo deserta, punta verso l’area e viene tranquillamente snobbato » da Peccenini e Santarini che si precipitano addosso ad Altafini (questione di rima o eccessivo timore del furbissimo José?) venti metri più a sinistra. Manca il tappetino con su scritto salve, comunque l’accoglienza all’avanzanate Damiani è abbastanza cordiale: infatti il portiere Conti se lo ritrova solo di fronte, sempre con quel pallone sul piede e qui Damiani — forse imbarazzato da tanta ospitalità — ricambia con un errore, sia pure per pochi centimetri, colpendo il palo.
Gran risate in tribuna, s’invoca un Ridolini da far giocare stopper, con tanto di torte in faccia. Dicono che bisogna accontentarsi, che in periodi di crisi non può essere proprio il calcio a far scialare il popolo tifoso (o soltanto appassionato)! Però non bisogna neanche esagerare coi propinare certi spettacoli (spettacoli?) al pubblico: per esemplo la Roma dovrebbe fare un buon esame di coscienza e stabilire se è lecito andare avanti con la sua soffocante tattica dell’1-9-1 che ha il solo scopo di trattener palla e non far giocare l’avversario, col risultato di perdere poi soltanto per 1 a 0. E’ una tattica utilitaristica, si pensa: già, ma non quando il risultato finisce per essere egualmente negativo, come si e visto e rivisto qui a Torino, prima contro i granata (nella giornata inaugurale del campionato), poi contro i bianconeri.
Decisamente a questa Roma daremmo II premio Oscar del cloroformio, perché nessuno come lei riesce ad addormentare il gioco (e magari gli spettatori): al suo allenatore Liedholm abbiamo dato tre pallini (cioè il massimo voto) nel tabellino e gli daremmo un ‘Premio sfruttamento’ perché ha impostato con rigoroso sadismo una squadra che crea non manovre ma ragnatele, produce non gol ma sbadigli, insegue lo zero a zero con una tenacia da cenobiti. Sicuramente De Sisti e compagni si divertono assai poco a giocare cosi, né possono illudersi di arrivare in testa alla classifica per quanto Liedholm si sforzi di tirar fuori un accettabile vino da uva alquanto scadenti: e allora è proprio il caso di far soffrire cosi tanto gli altri, in campo e fuori?
Avevamo visto la Roma contro il Torino: c’erano Cordova e Spadoni, dunque un telaio più solido, un « perno » più sicuro. Eppure fu subito ‘melina’, con passaggi a gogò per fare il cosiddetto « calcio bailado » però danzato a ritmo di slow. L’abbiamo rivista ieri: ancora peggio, perché la convinzione generale è diminuita e la percentuale di errori è cresciuta e in più Rocca — uno del pochi che possa cambiare marcia nel sonnolento titic-tltoc generale — aveva nei muscoli giustificate dosi di stanchezza dopo quel mercoledì sera non proprio rilassante passato a Rotterdam. Roma prima imputata, dunque, per questa « anti-partita » del Comunale. E subito dopo l’arbitro, che tra un errore e l’altro è riuscito pure a non vedere due netti falli da rigore su Bettega nel giro di un minuto: al 34′ una ‘cintura’ di Santarini, sùbito dopo un originalissimo « numero » di Batistoni che col sinistro prima ha spostato Bettega (pugno in faccia o almeno carezza decisa), poi ha controllato il pallone (di polso) ed ha rinviato (di piede, questo si).
E la Juventus? La Juventus ha le sue colpe da scontare, i suoi errori da espiare: ha vinto soffrendo, di rigore (ad un certo punto il battuto signor Trinchieri deve aver fatto un po’ di conti e quando al 58′ Damiani è stato stretto fra Rocca e Santarini ha indicato con decisione il dischetto) ma non può far troppa festa per il suo primo posto in solitudine (conquistato grazie anche al Torino).
Perché, tra l’altro, mercoledì arriva l’Ajax e ci vorrà proprio una Juventus diversa per non sfigurare. Certo non era facile sfuggire al cosiddetto invischiamento nella ragnatela della Roma. Ma la Juve ci è caduta di brutto, goffamente, contribuendo, al caos tecnico-tattico con un Causio sfasatissimo, un Cuccureddu spento, una manvora affannosa e mai penetrante, ci fosse In campo Anastasi (primo tempo) o Altafini (secondo). Sbagliavano tutti, pure i difensori nelle rare occasioni di autentico lavoro specializzato: vedi Scirea, che nel primo tempo ha rischiato l’autorete di testa e nella ripresa ha combinato un po’ di guai in combutta con Morini, vedi persino Zoff. Uno del meno imprecisi e dei più lucidi è stato Viola, trovatosi ad agire In circostanze quanto mal difficili (tanti ostacoli di fronte, saltuari aiuti al fianco), eppur capace di farsi valere, sempre attento nella posizione da occupare, sempre brillante nel controllo di palla alla brasiliana: nel primo tempo Viola ha agito più arretrato, cercando magari un po’ troppo spesso il tiro da fuori, nella ripresa — con Causio che aveva spostato indietro la zona di operazioni — è andato a giostrare subito a ridosso delle punte, impostando quelle triangolazioni veloci che Parola pretende da lui, sfruttando la rapidità di tocco per arrivare in area o liberare al tiro Bettega e Altafini. Più ancora di Viola ha meritato Furino, indomabile podista.
In partite — come dire? — appiccicaticce come questa, è difficile dividere le responsabilità dei singoli da quelle del collettivo. E’ facile comunque dire che senza quel rigore freddamente trasformato da Damiani — un destro basso, nell’angolino — la Juventus non sarebbe passata. Ed è indispensabile dividere in due parti questa strana gara per giudicare meglio i protagonisti. Sino al momento del gol si è agito a schemi fissi, bloccati, con battute quasi scontate (e noiose): dopo, con la Roma costretta a mollare le briglie della tattica, il gioco si è sciolto, ha regalato scampoli d’improvvisazione ma pure di ridicolo, anche quando si arrivava vicinissimi al gol come nell’occasione dei due pali. Di quello colpito al 90′ da Damiani abbiamo detto all’inizio, di quello colpito dalla Roma al 25′ della ripresa va sottolineata la casualità dell’azione: Di Bartolomei calciava un cornar da sinistra, con traiettoria rientrante, bassa, sulla quale Gentile non riteneva opportuno intervenire. Il bianconero si faceva da parte al passaggio del pallone, che finiva giusto contro il montante basso, a destra di Zoff, rimbalzando leggero. Trovato il gol su rigore, la Juve ha dato più respiro al proprio gioco, come se le avessero tolto il bavaglio di bocca: e Altafini faceva giochetti di prestigio col pallone, senza mai fiutare però il famoso odore di gol se non quando, al 41′, Santarini gli ha deviato un tiro, alzando una parabola finita vicinissima al palo. La Roma riusciva a farsi vedere pure all’attaco, Prati aumentava in un paio di occasioni l’affanno di Morini, ma senza creare autentici palloni da gol, un prodotto che per la Roma è raro e prezioso quanto un tartufo fuori stagione.
Antonio Tavarozzi
tratto da: La Stampa 25 Novembre 1974