Attraverso il Canale Youtube Ufficiale della Juventus vi proponiamo un gustoso amarcord di questa data odierna. É il 25 Agosto 2002 e Juventus e Parma si sfidano nella SuperCoppa Italiana 2002 (decima edizione) allo Stadio ’11 Giugno’ di Tripoli (Libia).
La Juventus domina non solo in Italia ma é protagonista assoluta anche in Champions League.Questa edizione viene organizzata a Tripoli (in Libia), all’epoca terra dominata dalla famiglia Gheddafi, che vanta pure un numero di azioni non indifferente nella societá bianconera. Dall’altra parte c’é il Parma che attraversa un momento di transizione dopo l’impero Parmalat ed un futuro incerto. Comunque é ancora una squadra da temere tant’é che finisce la Serie A in quinta posizione.
Tra palme e sabbia i nostri eroi si apprestano a vincere la loro terza SuperCoppa Italiana contro il Parma.
Buona Visione!
Supercoppa Italiana 2002-2003 – Finale
Tripoli, campo neutro – Stadio ’11 Giugno’
Domenica 25 agosto 2002 ore 21:00
JUVENTUS-PARMA 2-1
MARCATORI: Del Piero 39, Di Vaio 64, Del Piero 73
JUVENTUS: Buffon, Thuram, Iuliano, Montero, Moretti (Birindelli 69), Camoranesi (Brighi 46), Tacchinardi, Baiocco, Nedved, Salas (Zalayeta 72), Del Piero
Allenatore: Marcello Lippi
PARMA: Frey, Diana, Bonera, Ferrari, Falsini, Lamouchi, Donati (Barone 62), Nakata, Marchionni, Adriano (Bonazzoli 46), Di Vaio
Allenatore: Cesare Prandelli
ARBITRO: Farina
LA SUPERCOPPA ITALIANA VA PER LA TERZA VOLTA Al BIANCONERI
Re Del Piero a Tripoli fa già grande la Juve
Su un campo di sabbia doppietta di Alex contro un bel Parma che ispirato da Di Vaio ha trovato il pari provvisorio e poi tenuto in apprensione Buffon.
Del Piero piacciono le partite dell’altro mondo e come fu decisivo a Tokyo, sei anni fa, per la vittoria nell’Intercontinentale, lo è stato altrettanto ieri a Tripoli, in Africa, per questa edizione bizzarra, definiamola così, della Supercoppa itahana: due gol, uno per tempo, quanti sono bastati a battere il Parma e lucidare la sua immagine all’estero. E’ toccato a lui alzare per la terza volta questo trofeo d’estate, dal valore poco più che simbolico ma che avvia bene ima stagione. Due cose non mancano in Libia: il petrolio e la sabbia. Il primo è servito a comprare il kit del calcio italiano che Galliani ha trasportato qui come se fosse una scatola di subbuteo, mettendoci dentro i giocatori, gli arbitri, il pallone e pure Blatter, il capo della Fifa; la seconda, ha turato le falle del terreno spelacchiato che assomigliava al turf di una pista per cavalli. Grossi sbuffi di sabbiolina pittata di verde si alzavano sotto gli scarpini dei calciatori come se fossero gh zoccoh di Varenne. L’avventura della Supercoppa giramondo ha offerto calcio adeguato alla stagione, mancavano soltanto la paletta e il secchiello. Massi tutti al mare e non ci sarà niente di male se la stessa, paziente condiscendenza che la Juve e il Parma hanno mostrato ieri sera, la esibiranno quando giocheranno nei nostri stadi non appena si solleverà una zolla. Oppure il milione di euro dei libici ha stoppato qualunque malumore? Ogni cosa ha il suo prezzo e quello che ha pagato l’ingegner El Saadi Gheddafi, il figlio calciofilo del Colonnello, azionista e presto consighere d’amministrazione della Juventus, ha strappato devoti sorrisi ai dirigenti italiani: nessuno che abbia sollevato il dubbio che ci si potesse fare male scivolando su quei granelli di sabbia. Per quel cachet si sarebbe giocato pure in Finlandia, sui pattini.
I libici comunque ci hanno messo la buona volontà e lo sforzo di una macchina che tramuta in opera ogni desiderio del capo. Quando hanno capitò di rischiare l’immagine con uno stadio vuoto, gli organizzatori hanno svenduto i bighetti in saldo e i paganti, tutti uomini, non si sono arrabbiati nell’assistere a un’ ora di calcio senza bollicine. In uno stadio italiano sarebbero partiti i fischi, qui ogni stop di Del Piero scatenava la «ola» e persino Blatter ha ricevuto gh applausi, evento ormai rarissimo per lui.
La Supercoppa italiana d’Africa decollava soltanto nella ripresa, quando Prandelli levava l’ingombro di Adriano tra i piedi di Di Vaio e l’attacco dei parmigiani guadagnava la consistenza di Bonazzoli. C’era quasi da divertirsi. Nel primo tempo la prodezza più ammirevole era stata invece del magazziniere della Juve, quando aveva ripescato il pallone dal fossato che circonda il campo allo stadio «11 giugno».
Il Parma aveva cominciato con un centrocampo a rombo, con Marchionni dietro alle due punte e Donati davanti alla difesa, tuttavia Prandelli era tornato presto a una linea di quattro uomini: per una squadra giovane che in precampionato ha “preso sberle più di quante ne abbia date, il confronto con la Juve non era impietoso, anzi Buffon doveva bloccare un paio di palloni. La Juve scadeva nel difetto più comune: quando Nedved e Del Piero girano a basso ritmo, non produce palle-gol e la fiducia in Camoranesi si esauriva in un paio di palleggi argentini come la maglia tenuta fuori dai calzoncini alla Sivori (absit iniuria). I libici, che non conoscono a fondo il Rinascimento italiano, non sanno chi era il Pinturicchio e avranno faticato ad associare quel Del Piero ad un grande pittore. Alex aveva l’ambizione di giocare per la platea, com’era giusto che fosse: peccato che inciampasse negli avversari e nel pallone, come in Nazionale contro gli sloveni. L’intesa con Salas era sfrangiata, il cileno ronzava qua e là senza pùngere. Ci voleva una palla lunga di Camoranesi per metterlo in moto: il tocco lesto e basso di Salas lanciava Del Piero davanti a Frey e il sinistro del capitano juventino era preciso. Al 39′ la Juve, con poco o nulla, era in vantaggio e chi segna per primo vince quasi sempre la Supercoppa. Fuori Adriano, un paracarro dai piedi poco brasiliani, il dinamismo di Bonazzoli sbrigliava la rapidità di Di Vaio che si fiondava negli spazi stretti. Il cannoniere colpiva la traversa e Monterò allontanava il rimbalzo a pochi centimetri dalla linea: poi, al 18′, il suo scatto freddava Moretti e lo liberava al tiro in diagonale, imparabile.
L’ 1 -1 durava una decina di minuti in cui il Parma coltivava l’illusione: la difesa juventina era meno solida di prima. Ci voleva uno scatto di Zalayeta (i parmigiani lamentavano un fallo su Ferrari) subentrato a Salas per rimettere davanti gh juventini: il tocco smarcava Del Piero per il raddoppio.
Marco Ansaldo
tratto da: La Stampa 26 Agosto 2002