É il 27 Settembre 1972 e Juventus ed Olympique Marsiglia si sfidano nella gara di ritorno dei Sedicesimi di finale della Coppa dei Campioni 1972-73 allo Stadio ‘Comunale’ di Torino.
La Juve allenata in panchina da Cestmir Vycpalek si appresta a vincere il suo quindicesimo Scudetto anche se ad una giornata dal termine sembrerebbe che il Milan si possa fregiare della tanto osannata Stella del decimo tricolore. Ma una sconfitta inattesa a Verona ribalta tutto in quella che e’ tutt’oggi famosa come la ‘Fatal Verona’.
Per quanto riguarda il fronte europeo, i bianconeri si vedono sfilare da sotto le mani il massimo alloro continentale dalla squadra del momento. La sfidante in finale é l’ Ajax – l’emblema principale del gioco totale olandese. Sará solo la prima di tante delusioni europee per la Vecchia Signora.
Buona Visione!
Stagione 1972-1973 – Coppa dei Campioni – Sedicesimi, ritorno
Allo Stadio, in un’esaltante cornice di folla, eliminato l’OlympiqueUna Juventus travolgente: 3-0 Bettega dopo tre minuti segna il primo gol e al 37′ raddoppia trascinando la squadra campione alla rivincita sui francesi –Marchetti esce in barella al 39′ (frattura del setto nasale) –Al 43′ Haller realizza la terza rete –Camus al 49′ para un penalty di Causio – 70 mila spettatoriBobby-gol più Haller Adieu, Marseille.In una furia agonistica che esaltava il carattere anche se a volte riusciva a confondere i suoi stessi temi tattici, la Juventus ha disintegrato la squadra francese. Un « uno-due » di « Bobby-gol » e poi un uppercut al fegato di Haller hanno messo in ginocchio nel primo tempo le velleità dell’Olympique. Scattata ruggendo orgoglio, la squadra campione non ha concesso nulla ai suoi avversari, malgrado dovesse subire ogni tanto i toni piacevoli dei vari Leclercq e Bonnel. E quando Skoblar entrava in possesso del pallone, « Tarzan » Morini usciva dalla caverna randellandolo senza remissione.
Era una gara da vincere subito, per evitare equivoci tattici, insabbiamenti di manovre e irritazione nervosa: lo scatto iniziale della Juve ha subito fatto vedere cosa siano carattere e concentrazione. E c’è Bettega, uomo che pare nato con il palione, talmente si immedesima in azioni collettive e sfrutta gli spunti personali: voleva segnare al « Comunale », e c’è riuscito subito, grazie alla fiducia che i compagni hanno in lui. La sua testa riesce a « pilotare » da vicino e da lontano, cross e parabole che altrimenti andrebbero perduti.
Juve vincente e lo si era detto: bastava mettere in rete i gol di scarto che la teoria assegnava ai bianconeri secondo una giusta valutazione delle due squadre in campo. L’Olympique non è affatto da disprezzare. Sa disimpegnarsi, si muove, imposta gioco sulle fasce laterali (spesso assai meglio degli stessi bianconeri: vecchio disagio del nostro football), ma ha dovuto subire nei fianchi la rabbia aggressiva, la tenaglia furibonda dei torinesi. Un’autentica fornace il Comunale: l’unico motivo intinto in una certa calma era la canzone di Sinatra: «Straniero nella notte», che funzionava da riempitivo prima della gara. Ma gli «stranieri» e cioè i simpaticissimi marsigliesi, non avevano più nulla da dire sul campo, violentati com’erano dalla spinta bianconera.
Bobby-gol e Haller sopra tutti, com’era nei voti di chi voleva rivedere il giovane attaccante e di coloro che chiedevano al «vecchio» Helmut un tocco di genio: puntuale, il tedesco è scattato su un pallone, fuggendo in balzi progressivi impressionanti, e fulminando poi a rete dopo trentacinque metri da olimpionico. Un capolavoro del contropiede, suprema ricetta della Coppa Campioni. Ritmo, carica nervosa, quella virile felicità, di movimento che di colpo, per misteriose ragioni, entra nei muscoli dei calciatori durante i grandi impegni, hanno certo appannato il tono tecnico in alcuni momenti della gara: ma le partite di Coppa Campioni non sono mai saggi di accademia, bensì scontri feroci dove spinta e freddezza si integrano: e lo dimostra per l’ennesima volta — al negativo — il rigore falIito da Causio (una lezioncina da tener presente).
L’Olympique torna a casa senza vere colpe. In sessanta minuti avrebbe dovuto incassare cinque gol, solo la precipitazione di alcuni bianconeri ha condonato a Camus e a Bosquier un punteggio « maltese ». Ma non deve rimpiangere nulla, il club transalpino: dopo tutto ha fornito un viatico indicativo per questa edizione di Coppa Campioni. Se la Juve non rientra da protagonista come può, dovrà dire soltanto « mea culpa », come già le accadde a Lione. Non c’è gioco che non possa migliorare i suoi temi e sveltire determinate manovre: ma varie volte i bianconeri hanno offerto triangolazioni pregevoli, affondi perentori, se mai viziati da una esagerata carica, che contribuisce a intorbidire le idee, anziché a realizzarle. Ma vincendo si impara, sia a far gol sia a registrarsi in i campo sia ad amministrare I nei modi dovuti ogni fase d’un incontro. Su questo sentiero di Coppa c’è bottino per la Juve: nei risultati ed in esperienza. E ci dispiace per Skoblar: sa giocare, assorbire botte e restituirle. Meriterebbe senz’altro di partecipare a un campionato italiano: allora, oltre al « Fratello Branca » Morini troverebbe altri clienti ritagliati nel bronzo. Non è colpa sua se ruota nella sfera d’un calcio minore, dove le coppe vengono inventate (come fece la federazione francese a proposito di questo torneo, tanti anni fa) ma poi sono affidate ad altri, ieri Milan ed Inter, oggi — speriamo — Juventus.
Giovanni Arpinotratto da: La Stampa 28 Settembre 1972