Stelle Bianconere: Carlo Parola

Noi di JLSSN – Juventus La Storia Siamo Noi vi regaliamo questo filmato sulla leggenda bianconera Carlo Parola.

Emerso come centravanti, negli anni alla Juventus l’allenatore Felice Borel, grande seguace del sistema inglese, lo dirottò a centromediano con compiti a metà tra quelli di uno stopper e un libero – marcatura dell’attaccante avversario e, una volta riconquistato il pallone, impostazione della ripartenza –, facendone di fatto l’erede in maglia bianconera di Luis Monti. Nonostante l’iniziale ritrosia di Parola verso questo cambiamento, la nuova posizione in campo e le conseguenti prestazioni gli daranno risalto a livello internazionale.

La sua notorietà è dovuta soprattutto a un caratteristico gesto tecnico, la rovesciata, che il giocatore fu il primo a utilizzare con frequenza nel calcio italiano. La più famosa “rovesciata di Parola” nacque il 15 gennaio 1950, all’80’ di Fiorentina-Juventus così rappresentata dalle parole di Corrado Banchi, giornalista freelance, autore di una memorabile fotografia.

Una volta conclusa l’attività agonistica, intraprese immediatamente la carriera da tecnico. Nel 1959 fece un primo ritorno alla Juventus dove rimase per le successive tre stagioni, allenando la squadra affiancato, come direttore tecnico, dapprima da Renato Cesarini, poi da Gunnar Gren e infine da Július Korostelev. Quest’esperienza sulla panchina bianconera, molto positiva nel biennio iniziale grazie alla vittoria di due scudetti e due Coppe Italia – con il double nazionale del 1959-1960, il primo nella storia del club –, si concluse temporaneamente alla fine della stagione 1960-1961 per alcune incompensioni con la dirigenza, da cui Parola venne tuttavia richiamato pochi mesi dopo, all’inizio del campionato 1961-1962, dopo l’improvvisa partenza di Gren. La terza e ultima annata fu tuttavia fallimentare, chiusa dai torinesi al dodicesimo posto della classifica, il loro peggior risultato mai conseguito sul campo: il declino della squadra, orfana di Giampiero Boniperti ritiratosi l’anno precedente, minata dai guai fisici di John Charles e dai pessimi rapporti tra l’asso rimasto, Omar Sívori, e Parola stesso, ritenuto troppo permissivo e di poco polso, furono considerati tra le cause del cattivo rendimento.

Buona Visione!






Di calciatori come Carlo Parola, morto ieri a 79 anni nella sua Torino, non ne possono più nascere. Mancano l’ambiente, la scenografia, la sceneggiatura, il copione, il tipo di pubblico. Per questo a ricordarlo la commozione è pari alla sensazione di impossibilità di ridargli per iscritto un atomo di vita. Non si commemora qui un superuomo dello sport, ma un grande atleta normale: insomma una entità che non interessa più. Per essere validamente raccontato adesso, Carlo Parola, fra l’altro fisicamente assai simile a Carlo Ninchi attore celebre, avrebbe dovuto essere un po’ meno bravo calciatore e un po’ più uomo di mondo, di denaro, di vetrina. E’ morto povero, di malattie che ti raschian via la vita giorno dopo giorno, dimenticato non solo dal calcio italiano, Juventus compresa. Lascia la moglie e un figlio. E un fratello minore non anagrafico, Giampiero Boniperti, che gli è stato molto vicino negli ultimi tempi e che ieri gli ha messo al collo la cravatta della Juventus «che invece, ha detto la moglie ieri , lo aveva dimenticato. Carlo aveva male dal 1991 e in tutti questi anni non si è fatto vivo nessuno».  
Parola da ragazzino era bravo a fabbricare palloni con stracci, corda e magari anche un po’ di cuoio. Poi ha prodotto palloni veri, scelti anche per grandi occasioni, in società con Rava, collega di Juve. Il suo lavoro più vero, ai tempi in cui anche giocare a calcio in serie A veniva considerato un divertimento, era però quello di operaio alla Fiat, col miraggio di diventare collaudatore. I grandi guadagni gli sono passati al fianco senza irrorarlo: anche quando il Chelsea gli offró di giocare in Inghilterra, anche quando fu allenatore della Juventus di uno scudetto, chiamato da Boniperti che così lo ringraziò di avergli fatto in campo, agli esordi, da zio.  
Carlo Parola era rimasto orfano a 7 anni, con la mamma si era trasferito a Cuneo e lì aveva cominciato a giocare in tutti i ruoli portiere escluso: troppo bravo con i piedi. Poi a Torino nella Fiat era diventato operaio e giocatore: e la Juventus aveva faticato per ottenere un’opzione sul ragazzino promettente. Infine era passato al bianconero, e a 18 anni aveva esordito in serie A, a Novara. Gli piacevano le sigarette (Arpino lo soprannominò «Nuccio Gauloise») e il buon vino e la semplicità di vita del piemontese tipico, del quale però non aveva la nodosità di pensiero. 
Era un uomo molto aperto, molto lineare, e in campo cercava di giocare come il dio del calcio comanda, concedendo a se stesso e al pubblico un lusso solo, quello della rovesciala: la sperimentò per la prima volta in azzurro nel 1946, in un duello con l’austriaco Epp. Inseguire il pallone volante verso la propria porta, affiancarlo, sforbiciarlo all’indietro con grande gesto atletico. Dicevano che aveva cosi perfezionato la rovesciata «in bicicletta» di Guglielmo Gabetto, che aveva giocato con lui nella Juventus prima di andare a fare l’acrobata nel Torino, ai tempi in cui il calcio anche da derby era come una pizza di cui tutti mangiavano insieme un pezzo, era una comunione di sport.  
I numeri dicono della sua carriera, e sono numeri importanti per un’epoca in cui si giocava poco. E’ stato centromediano, il suo ruolo più giusto, in una rappresentativa europea a Glasgow contro la Gran Bretagna: 6 a 1 per quelli là, ma lui migliore in campo. Ha fatto anche il tecnico fuori Torino, girando un po’ d’Italia, ma senza fortuna, il che vuol poi dire senza grandi stipendi. Il suo tenero immenso record: quello di essersi autoespulso in Juventus-Milan del 1950, i rossoneri dilaganti, sull’ l a 4 gli scappò un calcione a Nordahl, se ne uscì dal campo senza essere espulso e chiedendo scusa al mondo. Oggi verrebbe multato. 


Faceva “cantare” la palla quando la colpiva” – Giampiero Boniperti su Carlo Parola

 

Parola andava a disegnare eterni capolavori. Il suo anticipo e il suo rilancio, i suoi inserimenti provvidi per il gioco corale, anticipavano il libero come sarebbe stato soltanto Scirea negli anni Settanta. Con qualcosa di meno. Nessuno come Parola sul piano dello stile e della classe conseguente” – Vladimiro Camminiti su Carlo Parola


carlo

“Da adoloscente ero iscritto alla scuola allievi Fiat. Lavoravo, studiavo e giocavo a calcio, naturalmente, nella squadra ragazzi del Fiat: ero centravanti, segnavo moltissimi goal.” – Carlo Parola



Allora però non si parlava tanto di tattiche: si giocava, si pensava a segnare il maggior numero possibile di goal e a subirne il meno possibile. Carlo Parola sul calcio anni 50


“Nel Louvre del calcio è immortalato il suo capolavoro: la rovesciata. È una delle immagini più famose nella iconografia del pallone, fissata per caso da un fotografo fiorentino che impellenti necessità avevano spinto nella trincea che una volta esisteva dietro le porte.” Sergio Di Batista – La Storia della Juventus

Per chi volesse saperne di piú:



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