Stelle Bianconere: Raimundo Orsi

Noi di JLSSN – Juventus La Storia Siamo Noi vi regaliamo questo filmato sulla leggenda bianconera Raimundo Orsi.

Raimundo Bibiani Orsi detto “Mumo” era un ala sinistra dotata di grande velocità, pativa una scarsa forza fisica, mancanza cui sopperiva con un’affinata tecnica e una spiccata capacità nel dribbling, spesso preceduto da finte di corpo. Fu una delle prime ali, in Argentina, a non limitarsi esclusivamente a effettuare dei cross per il centravanti, ma a cercare anche la conclusione, accentrandosi con movimenti in diagonale; nel far ciò era agevolato dalla sua velocità e dalla precisione del suo tiro, effettuato in prevalenza con il piede sinistro. Spettacolari anche i suoi gol direttamente da calcio d’angolo.

Fu probabilmente grazie alla vetrina olimpica che la famiglia Agnelli se ne invaghì e fece di tutto per portarlo alla Juventus. La trattativa fece scalpore: ci si trovò di fronte a un chiassoso episodio di calciomercato, a causa della complessa contrattazione con il suo club di provenienza e in ragione dello stipendio offerto al giocatore, decisamente elevato per gli standard dell’epoca (100 000 lire più altre 8 000 al mese, una Fiat 509 con tanto di autista personale, e una villa in collina). Inoltre il regolamento, in quell’anno, vietava il tesseramento di giocatori stranieri od oriundi, sicché Orsi poté scendere in campo solo all’inizio della stagione 1929-30. In Italia Orsi confermò la sua fama internazionale, diventando una delle colonne della plurivittoriosa Juventus degli anni 1930: coi Bianconeri collezionerà 177 presenze, realizzando ben 77 gol.

Buona Visione!

 

raimundo

La «stella di Amsterdam» che giocò nella Juve 
ORSI, UN FENOMENO IN CAMPO E FUORI  
Con Raimondo Orsi è scomparso uno del più grandi calciatori di tutti I tempi. Si può ancora aggiungere che nel suo ruolo, quello di ala sinistra, non ebbe sicuramente rivali. Il personaggio ha avuto tali caratteristiche da meritare, da parte di chi lo ha conosciuto e visto giocare per tutti gli anni della sua permanenza In Italia, un ricordo di espressione particolare. Racconterò qui le vicende che portarono «Mumo» Orsi in maglia bianconera, gli aspetti curiosi del suo carattere, le abitudini, gli hobbles, la sua vita, insomma, nel club bianconero.  
Facciamo un passo indietro per ricordare cosa avvenne qualche anno prima dell’arrivo di Orsi In Italia: cosi sarà più facile, per iI lettore, capire perché II giocatore non potè essere utilizzato immediatamente dalla Juventus, ma (e costretto a rimanere per quasi un’intera stagione in… naftalina, partecipando solo agli allenamenti della squadra. Prima delle Olimpiadi di Amsterdam (1928), la Federazione Italiana Gioco Calcio riorganizzò iI proprio regolamento in modo drastico. Tre esperti, Mauro, Foschi e Graziani, vennero incaricati di studiare la soluzione delle seguenti questioni: 
a) classifica del giocatori (dilettanti e non dilettanti); 
b) assegnazione delle società alle varie categorie e organizzazione del campionati; 
c) sistemazione tributaria; 
d) gerarchie dell’ente.  
I tre esperti si raccolseró in ritiro sulla riviera versillese e la loro riforma alle carte federali prese perciò II nome di «Carta di Viareggio». Per regolare la calata del giocatori stranieri, la Carta di Viareggio, negava la possibilità di futuri tesseramenti, consentendo però che nella stagione 1926-27 le squadre potessero utilizzare quanto già avevano In casa, a patto che non giocassero mai più di uno per gara. Ma poiché In Italia le disposizioni ufficiali nascono contemporaneamente al trucchettl per aggirarle, basta rileggere la formazione della Juventus in quel torneo per accorgersi che compaiono quasi sempre insieme sia Hlrzer che Vojak…  
Andiamo avanti. Chiunque avesse occhi per iI calcio, non potè esimersi dal puntarli, alle Olimpiadi di Amsterdam, su due giocatori argentini dal cognome pari pari Italiano. Uno era Raimundo Orsi, un moretto di statura modesta, dal piccoli ma sapientissimi piedi, che giocava all’ala sinistra; l’altro un massiccio centromedlano che spediva con grande precisione i palloni ai compagni, dovunque volesse, nel vasto campo: era Luisito Monti.  
La Juventus, subito invaghita di Orsi, trovò in breve tempo II modo di aggirare l’ostacolo, dirigendosi appunto verso il mercato sudamericano, il quale offriva un grosso vantaggio: che vi erano numerosi figli di italiani, muniti, secondo la legge fascista, della «doppia cittadinanza». Era proprio questa la scappatoia per eludere la norma xenofoba della «Carta di Viareggio». A Raimundo Orsi, dal critici battezzato «la stella di Amsterdam», vennero offerte dal signor Segre, emissario del barone Giovanni Mazzonls in Argentina, centomila lire d’ingaggio, ottomila lire di stipendio al mese e una Fiat 509, che a quel tempi siglava gli arruolamenti più Illustri. Naturalmente Orsi accettò le offerte della società bianconera. Ma la Federazione italiana e l’opinione pubblica argentina non furono dello stesso parere e reagirono con la massima violenza. La Federazione negò II «nulla osta», costringendo la Juventus a lasciare Orsi in quarantena per un’Intera stagione; la stampa di Buenos Aires denunciò le finalità politiche della manovra, scrivendo testualmente e sarcasticamente: ‘GII Italiani vogliono formare una squadra nazionale a spese del football argentino. Il governo fascista, impressionato dal valore del giocatori argentini e volendo che II calcio Italiano diventi II più forte del mondo, ha messo gli occhi sui giocatori creollos più bravi e vuole legarli a società Italiane per farne del giocatori Italiani. E’ Il governo di Mussolini che paga, giacché la passione che circonda questo gioco universale, assicura un largo prestigio morale a coloro che vi ecce/fono».  
Nella stagione 1928-29 Orsi rimase a riposo: giocava solo negli allenamenti; mandando In visibilio compagni ,di squadra, dirigenti e i molti spettatori che si recavano al campo di corso Marsiglia per assistere al «numeri» del fuoriclasse. Ma nell’estate le cose si schiarirono. Sul giornali, il 5 luglio, apparve Il seguente comunicato: 
“Il giocatore Raimondo Orsi viene tesserato dalla Juventus F.C., avendo la società interessata dimostrato che II signor Orsi è in posizione regolare rispetto al regolamenti della Fifa e della Figc». 
Quel «signor» davanti al nome di Orsi non fu soltanto un poema adatto al tempi, ma la consacrazione ufficiale del professionismo dell’atleta. Orsi, anche fuori dal terreno di gioco, era un autentico fenomeno. 
Vestiva sempre con grande ricercatezza, portava cravatte sgargianti e nella stagione invernale era solito mettersi sui capelli lucenti di brillantina un Borsalino di gran prezzo. Sovente, tanto per dare nell’occhio, si atteggiava a divo: quando vedeva qualche persona importante per la strada, quasi sempre in piazza San Carlo, davanti alla Pasticceria Stratta, e si accorgeva che iI passante lo guardava senza togliersi II cappello, si fermava e con tono risentito diceva: 
«Ma lo sa che io sono Orsi? Perché non mi saluta educatamente?… ». 
Anche sul terreno di gioco, d’altra parte, aveva le sue battute. Se in un giorno di luna storta si accorgeva che un terzino gli stava troppo alle costole e lo impegnava lo affrontava con questa frase: 
«Ma chi te lo fa fare? Lascia sudare me, che sono pagato profumatamente per giocare!” 
Era allegro e scanzonato. Amava la musica del suo paese, I tanghi argentini, per intenderci, e sapeva anche suonare con un certo talento II violino e la chitarra. In certe sere in cui più forte si faceva sentire la nostalgia per l’Argentina, era proprio II suo violino, uno strumento di marca, a tenergli compagnia. Era capace, magari, di chiamare al telefono qualche suo compagno di squadra In piena notte e dirgli con voce vellutata: 
‘Ascolta questo tangho… ». 
Aveva un buon carattere, ma bisognava saperlo prendere per il giusto verso. Se qualcuno andava, come si suol dire, contropelo, avrebbe visto un Orsi decisamente diverso da quello che ci si poteva aspettare. Mi disse un giorno Luisito Monti, un tipo che raramente spendeva parole a vanvera, che Orsi in Argentina aveva saputo «sistemare» più di un terzino avversario che con lui aveva voluto fare II «furbo». In Italia cose del genere avvennero molto raramente, ricordo solo di averlo visto letteralmente inviperito nel corso di una partita giocata II 18 giugno 1933 a Torino, contro il Palermo. La Juve aveva già vinto nel girone di andata sul terreno siciliano per 2-0, con due bordate strepitose di Monti. In quell’occasione l’uruguayano Scarone disse a Orsi (Il quale aveva giocato benissimo) che I bianconeri avevano avuto vita facile perché nella difesa rosanero mancava Faotto, terzino bellicoso e cattivo; e aggiunse che a Torino, con Faotto in campo, le cose sarebbero andate in modo diverso. Infatti nella gara di Torino, il truce Faotto volle subito dimostrare a Orsi che non avrebbe trascorso un pomeriggio tanto sereno. Cominciò a picchiare «Mumo» In modo feroce, incattivendosi vieppiù quando Orsi lo mortificava con le sue finte diaboliche. Orsi non segnò in quella partita, ma offerse stupendi palloni a «Farfallino» Borei, che di gol ne realizzò tre, poi servi anche a Sernaglotto e all’amico Cesarini le occasioni per arrotondare Il punteggio, sino a un conto totale di 5-0. A questo punto Orsi volle togliersi un’altra soddisfazione: attese che Faotto gli si tacesse incontro, fintò uno scatto e mise un piede — come sapeva fare solo lui — sulla caviglia del terzino rosanero che fu costretto ad abbandonare Il campo sorretto a braccia dal massagglatore.  
GIi aneddoti su «Mumo» Orsi si sprecano, da quelli boccacceschi (come avvenne nella hall di un grande albergo di Genova oppure nel corridoio di una carrozza-letto, di ritorno da Roma) a quelli che definirei… di ordinaria amministrazione. Una sera, in vena di economia, andò con Cesarini in una latteria di corso Re Umberto; i due ordinarono un caffellatte, ma si accorsero che era troppo poco intingere Il solo pane nella calda bevanda. Allora Cesarini ordinò al cameriere: 
“Mantequilla” (che In spagnolo vuol dire burro). Quello, naturalmente, non comprese II desiderio del cliente. E allora Orsi, di rinforzo all’amico: ‘Manteca, burro… » (come é noto «burro» in spagnolo significa «asino»). E allora il cameriere si affrettò a portare su un piatto un panetto di Polenghi-Lombardo. E Orsi a Cesarinl: «Non sai nemmeno parlare Italiano’. Questo, nel miei ricordi, era «Mumo». Mi ricordava con affetto. Dall’Argentina, nel giugno del 19/8, mi mandò l’ultima cartolina.  
Alberto Fasano

“Credo che Mumo sia stato l’ala sinistra più forte di tutti i tempi, senza limiti di età. Aveva scatto, velocità, un perfetto controllo della palla e disponeva di un dribbling e di un repertorio di finte di corpo che, da allora, non ho mai più riscontrato in un attaccante” – Teobaldo Depetrini su Orsi


Orsi è stato il giocatore più grande che abbia conosciuto, alto 1.60 pesava sessanta chili e non riusciva a fermarlo nessuno” – Felice Borel su Orsi

Orsi è assolutamente imprendibile. Quando era in vena ed aveva voglia (non sempre) faceva cose strabilianti. Mai visto un giocatore come lui.” – Luigi Bertolini su Orsi

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